A CESENA La tragica gaffe di Graffiedi
Gennaio 2001. Tempi duri, in riva al Savio. Anzi, durissimi. L’ambizioso Cesena, partito ad inizio stagione – con Tazzioli in panca, poi esonerato ad inizio dicembre – per vincere il campionato, sta veleggiando nel mare della mediocrità. Il contestatissimo Edmeo Lugaresi, giunto ormai agli sgoccioli del suo ‘pontificato’ bianconero, prova così a rinforzare la squadra riportandosi a casa con la formula del prestito Mattia Graffiedi. Quello stesso Mattia Graffiedi che, giusto 18 mesi prima, lo stesso Cavalluccio aveva ceduto al Milan per la bellezza di 14 miliardi delle vecchie lire. Così, un martedì dopo pranzo, l’allora 20enne attaccante di Cesenatico, si presenta bello carico a Villa Silvia. Per svolgere il suo primo allenamento della sua seconda era colorata di bianco e nero. Graffiedi arriva al Centro Rognoni verso le 13.15. Parcheggia la sua fiammante automobile. E, dopo aver scambiato due chiacchiere veloci con lo stesso Edmeo e con il diesse De Falco, fa il suo ingresso negli spogliatoi. Spogliatoi dove sono già presenti l’amico Pensalfini. Due altri giocatori del Cesena. E pure un uomo sulla sessantina. Un uomo robusto. Con pochi capelli. Dall’aria trasandata. In tuta.
Graffiedi saluta tutti. E poi, mentre comincia a cambiarsi, decide di sfruttare la sua amicizia con Pensalfini per chiedere lumi sull’allenatore del Cavalluccio. All’epoca, infatti, la Serie C era un mondo ancora avvolto nella nebbia. Un mondo spesso sconosciuto anche agli stessi calciatori. La Rete come la conosciamo noi ora, poi, faceva ancora rima con fantascienza. ‘Senti Filippo, il mister che tipo è? – domanda incuriosito Graffiedi – È uno che rompe i maroni? Uno che fa faticare parecchio?’. Nello spogliatoio del Rognoni cala all’improvviso il gelo. ‘Ma no Mattia, che dici? – risponde un imbarazzatissimo Pensalfini – Con il mister zero problemi. Davvero…’. Pensalfini fulmina Graffiedi con un paio di occhiatacce, ma il Graffio continua imperterrito: ‘…basta che non sia uno di quei mister che il venerdì sera si apposta fuori dall’Energy per vedere se i suoi giocatori vanno a ballare…’. Fu proprio in quel momento che, negli spogliatoi, entrò anche Edmeo Lugaresi. ‘Mattia, come va? – domanda il patron bianconero – Ci siamo?’. ‘Ci siamo Pres – risponde l’attaccante – Ci siamo…’. ‘E il mister? – continua Edmeo – Ti sei presentato al mister?’. ‘Non l’ho ancora visto – replica stupito Graffiedi – Perché? È già arrivato al campo?’.
Fu solo a quel punto che, da un angolo della stanza, si levò una voce perentoria. Una voce decisa. Autoritaria. ‘Bentornato a Cesena – tuonò con fare alquanto indispettito quel sessantenne in tuta che tutto sembrava tranne che un allenatore di calcio ma che invece era proprio l’allenatore del Cesena – Piacere signor Graffiedi, io sono Ferrario. Paolo Ferrario. E non sono né il massaggiatore bianconero né il custode di Villa Silvia. Sono quello che rompe i maroni ai giocatori che non rigano dritto…’.