I conti del Cesena spiegati da Giorgio Lugaresi [parte 3]
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“Per far fronte alle forti esigenze finanziarie ed economiche, di gestioni annuali ancora influenzate negativamente dalla dirigenza alla quale siamo subentrati, i soci, in base alla propria disponibilità economica e a volte anche oltre come nel mio caso, hanno messo risorse incredibili”.
Dopo quasi cinque anni di gestione sembrerebbe giunto il momento della responsabilità, non del continuo addossare le colpe a chi non c’è più. Nel momento in cui AC Cesena spa ha scelto di uscire dal cammino finanziario delineato da Orienta Partners durante il cambio di dirigenza Campedelli-Lugaresi, ha deciso il proprio destino a prescindere dagli errori del passato. Errori che ci sono stati e che hanno portato ad uno squilibrio finanziario grave: Campedelli da solo non ce l’avrebbe fatta. La cordata Lugaresi ha salvato il Cesena calcio, ma ha scelto di salvarlo ai suoi termini, non a quelli preventivati da un’azienda di consulenza esterna scelta tanto dalla vecchia che dalla nuova compagine societaria: in quel momento qualsiasi responsabilità in termini manageriali è andata a gravare interamente sulle spalle di Giorgio Lugaresi e dei suoi soci. Coraggio. Forse avventatezza... sia come sia non ha realmente più senso continuare a dire che le cose vanno male per gli errori di Campedelli: le cose vanno male e basta. Ed è tempo di pensare seriamente al futuro, anche per chi ha investito oltre le proprie disponibilità.
“Ma la nostra abilità deve essere anche quella di produrre plusvalenze dai propri tesserati, sia che appartengano già alla Prima Squadra che dai giovani del vivaio”.
Varrebbe la pena aggiungere un aggettivo alle plusvalenze: ‘reali’. E se si venisse a scoprire che nell’ultimo bilancio gli ammortamenti sui calciatori abbiano lambito il limite dei 15 mln di euro, sarebbero problemi veri da risolvere, perché a luglio quella sarebbe già una negatività pesante sul vincolo P/A.
Per essere mortalmente chiari, ci prendiamo qualche riga per distinguere il concetto di ‘plusvalenza reale’ da ciò che non lo è. Milan Djuric venduto al Bristol City è una plusvalenza reale: 1,8 mln di euro la cessione, a fronte di un costo storico praticamente a zero - nonostante un giro di scambi con il Parma -, dato che il ragazzo è cresciuto nel vivaio bianconero.
Valzania venduto all’Atalanta non è una plusvalenza reale: 6 mln di euro la cessione, a fronte di un costo storico a zero, ma anche di 3,5 mln di euro di acquisto di Kone e di 2,5 mln di euro di acquisto di Varano. Sì, la cessione va contabilizzata come attivo subito nei bilanci, ma l’acquisto viene spalmato nel corso degli anni successivi: i vantaggi sul breve periodo sono chiari, ma sul lungo periodo aumenta vertiginosamente il margine sul vincolo P/A, costringendo - come si è visto - ad aumenti di capitale per rientrare nei parametri. È una via, ma è una via che complica sempre di più il cammino verso il risanamento complessivo.
Le plusvalenze non sono negative in senso assoluto, ma devono servire agli scopi, altrimenti si rischierebbe di innescare un sistema vizioso che - in parte - abbiamo già osservato tra il 30 giugno 2014 e il 30 giugno 2015: da 6,3 mln a 12 mln. Lo stesso circolo vizioso che ha inchiodato il Parma e che sta mettendo a dura prova il Chievo, ad esempio.
“Coloro che giudicano non sanno e quindi non dicono di quanto lavoro noi facciamo nel reclutamento di giovanissime promesse con 25 osservatori che coprono il territorio romagnolo e parte marchigiano vedendo circa 300 partite al mese e spesso anche gli allenamenti delle Società dilettantistiche”.
Ventiquattro osservatori tra allenatori dei Pulcini e dirigenti di settori giovanili amici che lo fanno a titolo di amicizia e coinvolgimento e che coprono un’area densa con grande passione.
“Mai nessuno sottolinea quanto lavoro, quanti dipendenti e collaboratori ci sono stati dietro alla crescita di Sensi ora al Sassuolo, Valzania e Gasperoni ora dell'Atalanta, di Pedrelli ora alla Juventus”.
Questa crescita non può essere imputabile a questo settore giovanile, ma al precedente. Per quanto riguarda Elia Petrelli, dai Giovanissimi Cesena alla Juventus per un totale che potrebbe arrivare anche a 1,6 mln di euro, fa parte della generazione 2001-2002, l’ultima ‘modellata’ dalla precedente gestione. Ed è vero, c’è voluto un grande lavoro di dipendenti e collaboratori dietro la loro crescita, e forse perché nessuno lo ha sottolineato abbastanza quel lavoro è stato azzerato - per stessa ammissione - dall’attuale dirigenza.
“Nessuno si è accorto che gran parte degli allenatori del nostro glorioso Settore Giovanile è ora composto da ex ragazzini che ne hanno fatto parte per poi fare una carriera importante o hanno giocato nella Prima Squadra (Angelini, Rivalta, Biserni, Cancelli, Lantignotti, Leoni, Lorenzo) solo Ceccarelli (omonimo di Giampiero) non ne ha fatto parte. Sono state scelte nuove che creano qualità dentro ad un forte senso di appartenenza, perché il Cesena è la loro casa. Un valore aggiunto al nostro lavoro. E poi Piangerelli come Responsabile che ne ha sostenuto le candidature”.
È da sempre una scelta della famiglia Lugaresi la gestione ‘familiare’ dei posti di lavoro all’interno della società. Di per sé può senza dubbio essere un valore aggiunto ma, come di cui sopra, i risultati ancora stentano a mostrarsi con chiarezza. Una cosa si può ancora dire, indubbiamente: i risultati migliori in termini sportivi sono stati raccolti da Ceccarelli, uno dei pochi - assieme a Piangerelli - ad essersi salvati dalla purga del settore giovanile dei tempi di Campedelli-Mancini.
Il settore giovanile sta crescendo, ma stenta a decollare: l’asimmetria principale, ad oggi, è il passaggio alla prima squadra.
Continua e finisce...
(La quarta ed ultima parte sarà pubblicata domani alle 13:00 sempre su TUTTOCesena.it)