La lettera d’addio di Lugaresi #1: Technogym, il Sindaco e i ‘nemici’
La drammatica lettera scritta ieri da Giorgio Lugaresi è il documento di un uomo che ha preso atto che è finita. Per il Cesena e per se stesso. Come amministratore del Cesena sicuramente, ma il Presidente trae anche altre conclusioni e ritiene che per lui sia finita anche come persona.
Nella propria disperazione Lugaresi intravede la possibilità di uccidersi perché – parole sue –: “lo vedo come un atto d’onore nei confronti della mia personale sconfitta. Un atto dovuto”. Un suicidio altruistico, nell’accezione durkheimiana, di un vincolo non scritto tra lui e la Città.
Una decisione che avrebbe meritato rispetto così come merita rispetto il ripensamento (sia spontaneo o meno).
Restano in ogni caso le parole, altamente significative perché pronunciate in un momento in cui, indipendentemente dagli esiti, Giorgio Lugaresi fa un bilancio della sua vita sportiva, tra condanna e retaggio e illusione ed amore, tra lucidità, farneticazioni e autoconvincimenti: il Cesena. Tralasciando gli affetti personali e i rapporti familiari, è questo l’unico criterio con cui il Presidente nel documento cita e giudica imprenditori, amministratori, parenti e amici: “La mia non vuole essere una lettera dove elenco le persone buone e quelle cattive – scrive –, ma quelli che hanno aiutato o non aiutato il Cesena pur potendolo fare senza sforzo e si sono tirati indietro. Il Cesena meritava di essere salvato”.
E dunque. “Ai Soci che hanno partecipato a questa azzardata avventura chiedo scusa per gli errori che ho commesso e per il fatto che non sono riuscito a contenere a sufficienza i costi di gestione. Fortunatamente abbiamo sempre condiviso tutto e quindi nessuno potrà dire di essere stato tenuto all’oscuro di come si stesse operando in Società, nemmeno Marino Vernocchi – ecco il primo sassolino, la prima accusa – che è stato Consigliere ed ex vicepresidente ma che non ha dato che pochi spiccioli per la causa e li ha recuperati tutti. Una delusione come dirigente e come amico”.
Altro pollice verso per il primo cittadino: “Sono rimasto molto deluso dal Sindaco Paolo Lucchi, perché a fronte di promesse iniziali per aiutarmi a coinvolgere i più importanti imprenditori della nostra zona, dopo essere stato rieletto col secondo mandato, si è dileguato completamente e anzi in molte occasioni ci ha remato contro”.
Lugaresi poi punta il dito contro il gotha dell’imprenditoria cesenate: “La persona più insensibile e che spesso mi ha illuso, ma nei fatti non ha fatto proprio nulla, è NERIO – scritto proprio in maiuscolo – Alessandri di Technogym. Con l’Azienda che ha avrebbe potuto con un battito di ciglia toglierci da guai. Gliel’ho chiesto sempre con garbo, ma lui alla fine ci ha tirato solo un osso da masticare. Gli auguro ogni fortuna, ma i tifosi del Cesena devono sapere che NERIO non ha mai voluto far nulla per il Cesena”. E uno.
“Un’altra Azienda che mi aveva promesso aiuto, ma poi non ha fatto proprio nulla è Amadori. Ho avuto più incontri e anche colloqui telefonici con Francesca e Flavio Amadori, ma oltre a grande attenzione e alcune promesse, il Cesena non ha ricevuto nulla. Chissà se Francesco è anche lui complice del mancato aiuto? Un giorno mi disse che ascoltando la radio a letto con sua moglie, a un nostro gol, si erano abbracciati forte. Mi spiace che poi una malattia gliel’abbia portata via”. E due.
“Apofruit aveva in Renzo Piraccini come Direttore generale e col Presidente di quella grossa cooperativa, dopo avermi detto che conoscevano bene Edmeo e lo avevano sempre stimato anche da concorrente, prima mi concessero un appuntamento e poi lo disdissero dicendomi al telefono che non potevano far nulla. Era una delle Aziende che a dire del Sindaco Lucchi ci avrebbe sicuramente aiutato”. E tre.
Di Igor Campedelli, Lugaresi ne pensa tutto il male possibile, e questa non è una novità. Ma ha anche un’amara certezza: “Il Tribunale lo assolverà perché non ho alcuna fiducia nella giustizia”.
Non mancano anche motivi di risentimento personali: “Uno degli atti più schifosi di Campedelli è aver venduto il posto di Edmeo in Tribuna d’onore il giorno di Cesena-Milan. Edmeo rimase in casa di riposo a Longiano e di lì a poco mori”. Fu il dolore per la morte della moglie Donatella a spingere Lugaresi a cedere a Campedelli: “Piacque subito a tutti i Soci – ricorda – che invece di dirmi: Giorgio stai fuori qualche mese che qui ci pensiamo noi, e quando ti sentirai un po’ meglio ritorna, mi dissero a noi va bene lui”. Il Cesena è andato a Campedelli: “Io non sono rimasto socio come tutti credono del Cesena, ma della Società maggiore azionista e senza alcun incarico e senza essere presente nel CdA. Per cui di ciò che facessero loro io non ne sapevo proprio nulla! E questa è la verità”.
Ce n’è anche per il cugino ed ex vicepresidente Michele Manuzzi: “In quei lunghi mesi di malattia di mia moglie Donatella, approfittando delle mie prolungate assenze, mi remò contro per farmi fuori, ma il consiglio lo sputò fuori accettando le sue dimissioni e nacquero i quattro vicepresidenti. Una brutta storia fatta di invidie”.
Non manca un accenno al rapporto complicato con parte della tifoseria: “Negli anni sono sempre stato aspramente criticato, come del resto anche mio padre, da coloro che si definiscono Ultras. Con la mia morte e con la morte del Cesena, moriranno anche loro. Non si sono neppure resi conto che noi Dirigenti li abbiamo tenuti in vita per anni. Ora anche loro perderanno tutto e di questo sono felice”.
Ed infine Lugaresi esprime tutto il suo disappunto verso chi ha dato la mazzata finale al Cesena: l’Agenzia delle Entrate. Il mancato accordo, secondo il presidente “è incomprensibile perché l’accordo è partito da loro. Ci hanno fatto lavorare mesi con serietà e la speranza di mettere al sicuro il futuro del Cesena e delle persone che ci lavorano. Mi fanno schifo”.