Si alzava sui pedali. E la Romagna era Lui
Mi è stato sempre sul cazzo il giorno di San Valentino. Sempre. Sin da quando ero un ragazzino. I Baci Perugina. La cena a lume di candela in quel carissimo ristorantino sul Portocanale di Cesenatico. La letterina. Il braccialettino. L’anellino. L’orecchino. La vacanzina. Bla bla bla. Poi, dopo quel tragico 14 febbraio 2004, io San Valentino ho cominciato proprio ad odiarlo. Sì. AD ODIARLO. Proprio come quel mondo ipocrita ed ingrato ‘chiamato’ ciclismo. Proprio come la Giustizia Italiana. Pardon, proprio come l’Ingiustizia Italiana.
Dunque ormai ci siamo. Ancora tre giorni e poi ci siamo. Vent’anni senza Marco Pantani. Vent’anni senza il Pirata di Cesenatico. Cazzo, vent’anni. Vent’anni di lacrime. Di rimpianti. Di bugie. Di silenzi. Di omertà. Tanta omertà. VENT’ANNI. Da non credere. Anche perché, quel maledetto giorno di San Valentino dell’anno del Signore duemilaquattro, a Rimini, in quel fottuto residence Le Rose, non è morto soltanto Marco Pantani. Ma è morta una parte di me. Una bella fetta di Romagna. Diciamo pure una bella fetta di Stivale.
Sì, di Stivale. Perché il Pirata non è stato soltanto il più grande scalatore dell’epoca moderna. Il grimpeur in grado di riportare davanti al Giro (e al Tour) milioni di italiani. L’atleta capace di rimettere in bicicletta battaglioni di impuniti sedentari over 40 che non facevano sport dal tempo delle Medie. No. Assolutamente no. Il Pirata è stato di più. MOLTO DI PIÙ. Una leggenda vivente con la grandezza dell’anti-divo, innanzitutto. Una persona squisita. Ma poi anche (anzi, soprattutto) il più grande ambasciatore della Romagna nel Mondo di sempre.
L’hanno ucciso due volte, Pantani. Prima a Madonna di Campiglio, in quel nefasto 5 giugno 1999 al gusto di ematocrito e fango. E poi ancora a Rimini, in quell’agghiacciante 14 febbraio 2004 intriso di merda e misteri. Cazzo, due volte. DUE VOLTE. Il Pirata di Cesenatico però, nonostante tutto, vive ancora nel mio cuore. Nei nostri cuori. Come prima. Più di prima. Perché quando Pantani si alzava sui pedali, noi – veri romagnoli – ci alzavamo con Lui. Digrignando i denti. Con gli occhi gonfi di gioia. E di gratitudine. Gratitudine vera. Gratitudine eterna.
Ciao Marco. Ti mando un abbraccio. E se puoi, Lassù, salutami per favore un altro grande (pardon, grandissimo) romagnolo che ha portato in Alto il nome della Romagna Capitale. La Romagna Capitale che piace a noi. La Romagna ballerina che si sveglia col sorriso ogni mattina. Sì, caro Marco. Salutami Raoul Casadei. L’incontrastato Re del Liscio. Un altro (quasi) mio vicino di casa che ha fatto la Storia. La Storia che ti scalda il cuore. La storia che non si cancella. La Storia con la ‘essce’ grande. La storia che…dal mare alla montagna c’è tutta la Romagna. TUTTA.
Adesso mi sembra tutto distante
La maglia rosa e quegli anni felici
E il Giro d’Italia e poi il Tour de France
Ed anche gli amici che non erano amici
Poi di quel giorno ricordo soltanto
Una stanza d’albergo ed un letto disfatto
E sono sicuro di avere anche pianto
Ma sono sparito in quell’attimo esatto
(E mi alzo sui pedali, Stadio)