Una seconda chance. Targata (ancora) Cesena
Conosco Nicola Campedelli da tanti anni. Praticamente da una vita intera. Lui di Gatteo Terra, grigio (e non propriamente tentacolare) paesone di campagna. Io di Gatteo Mare, che di certo non è Miami ma che comunque ha un suo perché. Una decina di chilometri a dividerci. Forse anche meno. E nel nostro dna lo stesso amore per le cose semplici, per la Romagna ballerina che si sveglia col sorriso la mattina, per il mare d’inverno cantato (anche) da Enrico Ruggeri, per il Cavalluccio. Ho sempre fatto il tifo per Nicola. Sempre. Prima nelle vesti di ‘semplice’ simpatizzante del Cesena. Poi con addosso gli scomodi panni del giornalista. Quando Campedelli è riuscito a sfondare (prima) nel Cesena e (poi) nella Salernitana e nel Modena, ho gioito con lui. Quando ha appeso le scarpette al chiodo per colpa di quel maledetto lisfranc, ho pianto con lui. Quando poi – anno del Signore duemiladodici – il fratello Igor l’ha sistemato sulla panca del Cavalluccio, ho tremato con lui. Sì, tremato. Perché sia io che Nicola sapevamo bene che quella romantica (ma pure folle) ‘chiamata di famiglia’ avrebbe potuto rappresentare la sua ascesa verso il Paradiso, ma anche la sua caduta negli inferi. Gli inferi, per l’appunto. Quell’avventura in riva al Savio – ricorderete tutti – per Nicola durò poco. Pochissimo. Meno di una hit estiva dei Modà. Quel raffazzonatissimo Cesena era improponibile (soprattutto dalla cintola in giù: do you remember Bamonte & Friends?), le scorie della retrocessione dalla A non erano ancora state smaltite, l’ancora acerbo Nicola poi non era ancora pronto per i palcoscenici cadetti: dopo appena tre giornate arrivò così l’esonero. Doloroso. Dolorosissimo. Ma – non prendiamoci in giro – necessario. Inevitabile. Ineludibile. Come ampiamente temuto, dopo quel tragico flop, per il fratello di Igor le porte del grande calcio non si sono più aperte. Qualche comparsata tra i dilettanti, il ruolo di allenatore in seconda a Parma, pure il ritorno nella ‘sua’ Savignanese. Per Campedelli, il Grande Sogno di poter sfondare (anche) su una panchina, sino a 3 anni fa sembrava svanito. Per l’appunto, sembrava. Perché l’Uomo di Gatteo Terra, con l’umiltà e la dedizione che lo hanno sempre accompagnato nel suo percorso (anche) calcistico, ha saputo reinventarsi una nuova vita colorata di bianconero. Questa volta nelle giovanili. La sua (nuova) ascesa ‘targata’ Cavalluccio? È stata decisa. Repentina. Meritata. Meritatissima. E solo chi non conosce Nicola (e la sua grande preparazione) può rimanere sorpreso dinnanzi a questa sontuosa vittoria del Campionato Primavera 2 appena portata a casa a suon di vittorie. Ecco, gentili lettrici e gentili lettori, arrivo al punto. Ora io lo so bene che è tutto maledettamente complicato. E so anche bene che, sulla professionalità di Nicola Campedelli (così come sulle canzoni di Francesco De Gregori, sulla comicità vintage di Lino Banfi e sul culo di Elodie) non posso essere imparziale. Però, visto che – sino a prova contraria – sognare è ancora gratis, visto che ogni tanto questo calcio moderno riesce a regalare ancora delle storie da Libro Cuore, visto che in giro ci sono tanti (troppi) raccomandatissimi allenatori che stanno al calcio allo stesso modo in cui io sto al curling, mi piacerebbe rivedere un giorno questo ex baldo giovane classe 1979 tra i professionisti. In Lega Pro. O anche in Serie B. Magari ancora al timone del Cesena. Chissà.
PS 1: Quelli che… la pensano come me. I romantici.
PS 2: Quelli che… non la pensano come me. I ragionieri
PS 3: Quelli che… ma Nicola Campedelli non è quello che ha scoperto (davvero) Defrel e D’Alessandro?
PS 4: Quelli che… ma Nicola Campedelli non è quello che faceva allenare il Cesena sul sabbione?