10 ANNI FA Quel Sogno Europeo al gusto di sudore. E di merda
Faceva caldo, quel giovedì 7 luglio 2011. Tanto caldo. Troppo caldo. L’aria della sala stampa del Manuzzi sapeva di sudore. Ma anche di illusione. E di Grande Calcio. Mai vista tanta gente a Cesena per una conferenza stampa. MAI.
Adrian Mutu, quella mattina, si materializzò qualche minuto dopo mezzogiorno. Polo bianco e nera del Cesena griffata Adidas. Sorriso sornione. Barba leggermente incolta. Capelli a posto. Tatuaggi in bella mostra. E un paio di dichiarazioni ben assestate. “Non mi piace parlare né di salvezza né di Coppa Uefa – disse il fantasista rumeno quel giovedì di dieci anni fa – ma vedo già che sta nascendo un Cesena molto competitivo. Abbiamo l’obbligo di migliorare quanto già fatto la scorsa stagione. Sono a dir poco orgoglioso di ripartire dalla provincia, non mi pongo limiti…”.
Abbiamo (quasi) tutti sognato ad occhi aperti, quel giorno. TUTTI. Chi più, chi meno. Certo, un paio di addetti ai lavori, quelli più esperti, quelli che all'inizio degli anni novanta avevano vissuto la breve ma disastrosa epoca-Silas, sentivano già puzza di merda. Pardon, di bruciato. Ma, il 99% delle persone presenti in quella sala stampa che puzzava di sudore e di illusione, quel giovedì mattina ha toccato il cielo con un dito. Ha fantasticato su un Cesena da parte sinistra della classifica, su un Cesena in salsa europea, su un Cavalluccio da Calcio Champagne.
Beh, come è finita questa triste storia lo sanno tutti. E non soltanto perché, in quella tragica stagione, a Cesena invece che il Calcio Champagne arrivò del Calcio Tavernello. Mutu, tra una comparsata all’Hakuna Matata e un brindisi alle Terre Alte, riuscì a mettere via soltanto 8 gol. Ma a conti fatti, i veri colpevoli di quella tremenda retrocessione, furono l’ambizioso Igor Campedelli (che aveva deciso di arruolare troppi giocatori non da Provincia, Candreva ed Eder su tutti) e il raccomandatissimo Marco Giampaolo (l’allenatore sbagliato nel posto sbagliato).
A proposito di Giampaolo. Non fu certo un caso se, dopo 9 giornate e zero vittorie in cascina, il Profeta (del possesso palla) di Bellinzona fu cacciato via. A quel punto il cesenate doc Daniele Arrigoni riuscì per un attimo a raddrizzare la baracca bianconera. Ma dopo altre 14 gare il buon Daniele si tirò indietro, scioccamente. Il già bollitissimo Mario Beretta fu condannato ‘solo’ a traghettare il Cesena verso la B. Così Mutu e soci chiusero con appena 22 punti in cascina, a -20 dalla zona salvezza e con -36 di differenza reti. Una Caporetto in salsa romagnola, insomma
Una Caporetto che, a dieci anni di distanza, fa ancora tanto male. Anche se, lo ammetto, in quel 7 luglio 2011 che sapeva (anche) di sudore e di merda, Igor Campedelli e Adrian Mutu hanno regalato a Cesena una giornata indimenticabile. Una giornata speciale, da superbig, da prime pagine. Una giornata da leone. Che alla fine, a pensarci bene, è sempre meglio un giorno da leoni che diecimila da coglioni. E che nessuno si azzardi a dire il contrario. Soprattutto oggi. In questa triste epoca che profuma di mediocrità e di promesse non mantenute.