Il Cesena è in B. Però il Bologna è in Champions League…
“Flavio, te lo giuro. I sentimenti dell’invidia e dell’odio non sono mai stati nei miei cromosomi. Mai. In questi ultimi 40 anni non nego però di aver sprizzato gioia da tutti i pori ad ogni retrocessione o fallimento del Bologna…”. Questo il virgolettato che Fabrizio, mio amico di lungo corso nonché supertifoso bianconero, ha vomitato ieri sera al Bar Cesena, tra una Stella Artois e un sacchetto di patatine. Epperò, mi pare di capire, in molti la pensano come Fabrizio. In molti. “L’ultima annata calcistica, nonostante la splendida cavalcata portata a termine dai ragazzi di Toscano, per me si è chiusa in rosso – ha tuonato sempre ieri sera e sempre al Bar Cesena mio cugino Alan, un altro romagnolo purosangue cresciuto a pane (pardon, piadina) e Cavalluccio – Sì, in rosso. Ok, siamo andati in Serie B. Ok, abbiamo vinto la Supercoppa di C. Ma allo stesso tempo il Bologna è riuscito ad andare in Champions League. Neanche un camion di Maalox riuscirà ad alleviare il mio bruciore di stomaco…”. Perché tanto, gira che ti rigira, si torna sempre al punto di partenza. A quello che dice Fabrizio: per il ‘classico’ tifoso del Cesena resta il Bologna il metro di paragone. Il punto di riferimento. Mica il Rimini. O il Ravenna. O il Forlì. Al momento, Bologna e Cesena, sono ovviamente su due pianeti (della pedata) diversi. Fanno due sport differenti. Un giorno però, magari, la Dotta e la città dei Tre Papi torneranno a sfidarsi in campionato. E non soltanto – come avvenuto poco meno di un anno fa – in Coppa Italia. “Che vabbè, Aiello & Friends qualche soldino da investire ce l’hanno – ha sentenziato sempre ieri sera Franco, il proprietario del Bar Cesena – Però, per riuscire ad arrivare ai livelli del Bologna di oggi, servirebbero dei veri ricchi. Un Nerio Alessandri. Il sultano dei Brunei. O un mezzo miracolo…”. Ecco sì, un mezzo miracolo. Un attentato ‘campanilistico’. “Noi da soli non ce la possiamo fare – ha continuato Franco – Bisognerebbe fondersi con il Rimini, con il Ravenna e con il Forlì. Bisognerebbe unire le forze. Allora sì che si potrebbe dare vita a una Nazionale di Romagna in grado di poter competere col Bologna. Con l’Atalanta dei miracoli. Magari pure con le superbig…”. “Ma che cazzo dici? Piuttosto che fondermi con i riminesi, con i forlivesi e con i ravennati mi faccio sodomizzare da Rocco Siffredi – ha subito replicato il burbero Fabrizio – Meglio da soli in B, in C, pure in D. Piuttosto che a braccetto con i ‘cugini’ in A…”. Che non ha tutti i torti, il buon Fabrizio. Anche se, la folle idea lanciata ieri sera dal proprietario del Bar Cesena, tutto è tranne che nuova. Visto che, già nell’anno del Signore millenovecentosettantadue, con il Cavalluccio – proprio come ora – in Serie B, il progetto di una grande squadra ‘targata’ Romagna Capitale (in grado di contendere al Bologna il primato regionale) era stato accarezzato nientepopodimeno che da Dino Manuzzi. Sì, da Dino Manuzzi. L’inarrivabile patron bianconero, quella volta, contattò inizialmente i dirigenti del Forlì in vista di un’unione. La tappa successiva sarebbe stata quella di varare un clamoroso matrimonio con il Rimini (e magari, chissà, pure col Ravenna). Gli animi campanilistici, però, presero subito il sopravvento. E quell’ambizioso progetto fallì miseramente. Per fortuna, mi sento di aggiungere. Per fortuna.