Quando Cesena fa rima con ingratitudine

Silvestri e De Rose, dal punto di vista umano, avrebbero meritato un altro trattamento. Ma la storia recente (anche) del Cavalluccio è piena di epurazioni eccellenti…
07.08.2024 12:00 di  Flavio Bertozzi   vedi letture
Quando Cesena fa rima con ingratitudine
© foto di Cesena FC

Quando qualche tifoso bianconero – al bar, in strada, in spiaggia, in stazione, all’Iper – mi ferma sostenendo che Roberto Ogunseye, Riccardo Chiarello e Matteo Piacentini meriterebbero la conferma anche in Serie B, a me scappa una fragorosa risata. Sì, una fragorosa risata. Perché va bene l’effetto simpatia. Va bene anche l’effetto talismano. Ma a tutto c’è un limite. Rido molto di meno, invece, quando qualche tifoso bianconero mi ferma sostenendo che Luigi Silvestri e Francesco De Rose meriterebbero una nuova chance ‘targata’ Cesena. Sì, qui rido di meno. Molto di meno. Perché anche se Silvestri finora la Serie B l’ha vista solo in tv e anche se De Rose ha sul groppone già trentasette primavere, qui – a differenza dei tre giocatori citati all’alba di questo pezzo – stiamo parlando di due colonne portanti dell’ultima promozione bianconera. Di due giocatori che, la scorsa stagione, si sono meritati la conferma sul campo. Suvvia, diciamo le cose come stanno. Non facciamo gli ipocriti. Non facciamo i paladini del Cesenaticamente Corretto: Fabio Artico, dal punto di vista prettamente tecnico, potrebbe anche fare cosa e buona e giusta a disfarsi di questo tandem. Potrebbe fare cosa buona e giusta. Per tanti motivi. Resta però la certezza che, questi due eroi ‘toscanizzati’, avrebbero meritato dal punto vista squisitamente umano un trattamento diverso. Sì, un trattamento diverso. Anche se ormai, il calcio moderno, sta alla riconoscenza allo stesso modo in cui la hit estiva Sesso e Samba di Tony Effe e Gaia sta alla musica di qualità. Ah, l’ingratitudine. Ah, le epurazioni eccellenti. Che negli ultimi anni, anche qui a Cesena, di epurazioni eccellenti ne abbiamo viste tante. Tantissime. A vagonate. Epurazioni che – ora mi scusino il signor Silvestri e il signor De Rose… – hanno visto come protagonisti giocatori che a Cesena hanno fatto la storia ‘vera’. La storia con la S maiuscola. Penso ad esempio a un ‘certo’ Francesco Antonioli e a un ‘certo’ Maurizio Lauro, cacciati via selvaggiamente dopo la retrocessione del 2012. Penso alla premiata coppia Giovanni Ricciardo-Danilo Alessandro, vergognosamente trombata nel 2019 (assieme a mister Giuseppe Angelini) dopo una promozione da urlo. Penso a Federico Agliardi, a cui nell’estate del Signore duemilaventi fu negato inspiegabilmente uno stipendio (da fame) e un finale di carriera in riva al Savio. E poi penso a lui. Soprattutto a lui. A lui. All’inarrivabile Giuseppe De Feudis. Al giocatore più vincente di sempre della lunga storia del Cavalluccio. Quattro estati fa, al Conte di Bollate (che tra l’altro era stato ripudiato dal Cavalluccio già nel 2010), non bastarono nemmeno cinque promozioni griffate Cesena e un cuore colorato di bianconero per meritarsi la riconferma (nelle vesti di giocatore) agli ordini di mister Viali. Una riconferma sacrosanta, quella. Una riconferma invocata a gran voce da tutto lo spogliatoio, da tutta la piazza, da tutti gli addetti ai lavori, pure da chi non tifava Cesena. Se ne facciano dunque una ragione, il buon Silvestri e il buon De Rose, che in riva al Savio hanno raccolto ‘solo’ una promozione. Se ne facciano una ragione. Si mettano il cuore in pace. Il calcio moderno, purtroppo, è già da tanti (troppi) anni che non fa più rima con riconoscenza. Con gratitudine. Con stile. Non solo a Cesena. Ecco, sì. Fatemela sottolineare con forza, questa cosa: non solo a Cesena.


PS: che poi magari Artico - su Silvestri - cambia idea…