E ora che fine farà questo Cesena?
Vero, verissimo. Nel 2025, il Cesena, ha perso solo una volta (sabato scorso a Catanzaro). Riuscendo ad arpionare una croccante vittoria esterna (con la Samp) e due pareggi interni (con Cittadella e Bari). Prima della sosta però, la truppa di Mignani, nel mese di dicembre in sei uscite di campionato era andata incontro a uno striminzito successo casalingo (col Cosenza) e a cinque più o meno tragiche sconfitte (Frosinone, Bari, Juve Stabia, Cremonese e Carrarese). Ne consegue che, negli ultimi due mesi, il Cavalluccio in dieci incontri è riuscito a mettersi in tasca appena otto mattoncini. Una miseria. Una media da Serie C. Serie C che al momento resta ancora lontana. Ma non lontanissima. Visto che, dopo 24 giornate, il margine di vantaggio dei bianconeri sui play-out e sulla zona (hot) da retrocessione diretta è rispettivamente di 5 e di 6 punti. Il rovescio della medaglia? Dice che al momento, Klinsmann & Friends, sono pur sempre in ‘clima’ play-off . Epperò, è palese, al momento il Cavalluccio deve guardarsi prevalentemente indietro. Cercare di mettere al più presto in saccoccia una salvezza che sino a un paio di mesi fa pareva ‘facile facile’ e che invece adesso, anche alla luce del deludente mercato di riparazione appena portato a termine da Artico (a centrocampo serviva un ‘cagnaccio’ alla Coppola ed è arrivato Saric che è una mezzala, in avanti Russo non ha certo le caratteristiche di Kargbo, per il sostituto di Curto ora bisognerà eventualmente guardare - mah - agli svincolati…) fa rima con incognita. Domandona: ma perché, negli ultimi due mesi, la Creatura Bianconera è andata incontro a questa preoccupante involuzione? Beh, innanzitutto salta subito all’occhio il fatto che l’ex capocannoniere del torneo cadetto Shpendi, anche – anzi, soprattutto – per colpa di quel maledetto infortunio rimediato alla caviglia contro il Cosenza, nelle ultime 9 gare è sempre rimasto a secco. Confermando un po’ quello che tutti già sapevano: questo Cesena è Shpendi-dipendente. Poi c’è il discorso legato al rendimento troppo ondivago tenuto da tanti big (o presunti tali) di questa rosa. Antonucci, Bastoni, Calò, Prestia, Berti, Adamo, Donnarumma, Mangraviti: non lo dico io, lo dicono le loro pagelle, tutta questa gente – chi più, chi meno - negli ultimi due mesi ha viaggiato a corrente alternata. Riuscendo a sfoderare anche prestazioni al limite della – ehm ehm – denuncia. Poi ovviamente c’è lui. Mister Mignani. Un Mignani che non ha (ancora) perso la fiducia di spogliatoio e Vertice Aziendale, ma che nelle ultime 10 partite ne ha azzeccate davvero poche. Dentro e fuori dal campo. Altra domandona, poi la chiudo qui: l’ex trainer (anche) di Bari e Palermo – persona squisita, grande lavoratore, professionista esemplare – riuscirà a rimettersi in carreggiata già da domenica prossima a Reggio Emilia e a scacciare ancora una volta gli spettri a dir poco minacciosi che aleggiano sulla sua testa? Lo scopriremo solo vivendo. Anche se, questa cosa mi preme dirla, se le cose dovessero andare male anche al Mapei Stadium, il ‘povero’ Mignani potrebbe pagare per tutti. PER TUTTI. Anche per Artico. Un Artico che, da quando ha riguadagnato (meritamente, eh) i palcoscenici cadetti, su più fronti non è stato proprio lucidissimo. Che vabbè, io lo so bene che gli Americani per questo mercato di riparazione non hanno messo fuori i soldi. Però la scorsa estate i soldi c’erano. E tante lacune strutturali di questa rosa erano note sin da inizio luglio. Da inizio luglio, eh. Non da fine agosto.