L’infiltrato speciale. Lo show di Bisoli. E quel derby da infarto
Diciotto gennaio duemilanove. Domenica mattina. È la vigilia dell’attesissimo Cesena-Ravenna. A Villa Silvia va in scena la rifinitura pre-derby. Le porte del Centro Rognoni sono – bei tempi quelli, belli davvero… – aperte. Apertissime. Ma, anche per colpa del freddo pungente, al campo a vedere l’allenamento ci sono solo sette persone. SETTE. Sette persone che, ben undici anni prima dell’avvento del Coronavirus nel Belpaese, hanno già capito tutto. Tutto. E stanno ad almeno dieci metri di distanza una dall’altra.
In mezzo al campo, a dirigere la truppa bianconera, c’è Pierpaolo Bisoli. I suoi ragazzi – qualche nome? De Feudis, Giaccherini, Lauro, Ravaglia – lo ascoltano con zerbinesca ammirazione. Ad un certo punto si comincia a provare la difesa. Poi un paio di schemi d’attacco. I sette spettatori continuano ad osservare in religioso silenzio le mosse ideate dall’Uomo di Porretta Terme. Attentamente. Uno di quei sette testimoni, però, è più attento degli altri. Molto più attento. È avvolto da un pesantissimo cappotto scuro, questo tizio di corporatura media. È tutto incappucciato. E continua a prendere appunti sul suo block notes. Vorticosamente. Freneticamente. Senza sosta.
Il Bisolone comincia a fissare insistentemente questo uomo misterioso. Da tutte le angolazioni. Poi, all’improvviso, fra lo stupore dei presenti, col suo inseparabile fischietto stoppa un’azione di bomber Motta lanciato a rete. E, dal centro del campo, si rivolge a gran voce proprio a mister X. “Senti bello, ho capito chi sei! E ti do un vantaggio: questo schema che hai appena visto, domani sera, lo faccio di sicuro. Nel primo tempo…”. L’uomo incappucciato non si scompone di una virgola. Non fa una piega. Non proferisce parola. Bisoli fa riprendere l’allenamento. Dopo altri trenta minuti il guardone in salsa bizantina è però ancora lì. Che scrive. Che osserva. Che prende appunti.
È a questo punto che il condottiero del Cesena, poco prima di decretare la fine della classica partitella in famiglia, regala il meglio di se all’infreddolita platea di Villa Silvia. “Senti bello, te lo ripeto: io non ho nulla da nascondere. NULLA. Ehi, dico a te. Proprio a te. Non fare lo gnorri. HAI CAPITO?!? Quella che hai appena visto è la formazione che domani parte dall’inizio. Diglielo al tuo amico Atzori (all’epoca allenatore del Ravenna, ndr). E se vuoi avere pure i nomi dei giocatori che domani sera andranno in panchina, dopo passa dagli spogliatoi che ti do tutto. Prima però fammi fare la doccia…”
All’indomani, come andò poi a finire quel famoso derby giocato nell’infuocato catino del Manuzzi, se lo ricordano tutti. Al minuto ottantanove, il Cesena, era ancora sotto per 2-1. Sembrava finita per Ceccarelli & Friends. Poi però, in extremis, sui titoli di coda, ci pensarono Djuric e Veronese a far mettere la freccia al Cavalluccio. A mettere a tacere il Ravenna. Proprio sotto la Curva Mare. Proprio sotto la Torcida Bianconera. Brividi. Brividi veri. Alla faccia di chi diceva (e chi dice ancora oggi) che le porte chiuse servono a qualcosa.