L'ex Danele Capelli: “Al Cesena serve continuità. Brutto pensare di ripartire ancora dal basso…”
Il ‘Muro di Grumello’ Daniele Capelli, dopo i suggestivi ricordi dell’ultima promozione in Serie A del Cesena, ha intrapreso una carriera ad allenatore sulla panchina della Real Calepina, in Serie D, dove ha giocato la sua ultima stagione da calciatore. E se un giorno i destini si incrociassero di nuovo?
Capelli, quattro anni a Cesena vissuti ai massimi livelli non si possono certo dimenticare. Da dove cominciamo?
“Cominciamo dalla tragedia accaduta il mese scorso: io non ho social per scelta, quindi non ho potuto esprimere cordoglio e vicinanza pubblicamente… mi sono limitato a farlo con i miei amici e conoscenti. Vedere quelle immagini è stato difficile, perché ero lontano e ho potuto fare poco. Però, come hanno già detto tutti, i romagnoli si rialzeranno… e su questo non ho alcun dubbio”.
Parliamo di calcio. Il Cesena ha fallito l’obiettivo Serie B sia nel campionato regolare sia nei play-off: cos’è mancato ai bianconeri per raggiungere la cadetteria?
“Io credo che il campionato di Serie C sia molto difficile: è chiaro che per vincerlo serve una grande continuità, e forse è questa ad essere mancata al Cesena. Per quanto riguarda i play-off, a volte bisogna essere un po’ fortunati, perché sono partite secche in cui basta episodio per determinare la partita. Io ho sentito parlare di stagione fallimentare: secondo me sono state delle critiche un po’ troppo eccessive, perché è stato fatto un campionato di vertice, e pure i play-off sono stati ben giocati… poi ovvio che Cesena è una piazza che merita di più della Lega Pro ed è normale che ci si rimanga male. Penso sia un questione di tempo: se si lavora nella maniera adeguata, con la passione che c’è in quel posto magico lì, Cesena tornerà nei campionati che merita”.
Da quali giocatori deve assolutamente ripartire l’anno prossimo il Cesena?
“Dirne uno è difficile: penso che, nella negatività di una stagione come quella che si è appena conclusa, è sempre facile dare giudizi negativi dopo che il risultato non è arrivato. Però non parlerei di percorso sbagliato, quindi bisognerebbe trovare continuità, puntando sugli uomini e su un anno di lavoro che ha portato a perdere, ma che sicuramente ha insegnato qualcosa rispetto al puntare tutto su di un giocatore”.
I rumors di questi giorni non sono stati beneauguranti… Un tesserato, che sia calciatore o allenatore, come vive le incertezze societarie? Dal pagamento degli stipendi alla corsa contro il tempo per l’iscrizione…
“Fortunatamente, non mi è mai capitato. Però desta sicuramente preoccupazione: a prescindere da quello che è il posto di lavoro, bisogna sempre ricordarsi che dietro ci sono gli uomini. E con essi le passioni, le gioie, i sentimenti e le emozioni. Chiunque sia passato da Cesena ha vissuto emozioni, lo posso mettere per iscritto. Per un tesserato del Cesena, oltre a non sapere se l’anno prossimo sarà ancora sotto contratto, pensare che il Cavalluccio debba ripartire ancora una volta dal basso immagino sia davvero brutto”.
Dal campo alla panchina: dalla stagione 2022-2023 siede sulla panchina del Real Calepina, in Serie D, dove recentemente l’hanno confermata in vista della prossima stagione, dopo aver ottenuto una salvezza. Si immaginava già allenatore mentre giocava?
“No, non me lo immaginavo: ho sempre avuto dubbi sul mio futuro, perché, quando ho finito la mia carriera da calciatore, ero esausto da un calcio che mi aveva tolto tutte le energie, anche mentali. Poi sono stato lontano dai campi tre o quattro mesi e ho iniziato a soffrire: le partite mi mancavano, lo spogliatoio mi mancava, la domenica era vuota e ripartiva la settimana senza avere nulla… per uno come me che era abituato a vivere in funzione della domenica e del risultato, queste cose qui mi hanno fatto letteralmente star male. Poi ho avuto la possibilità di sedermi, come secondo allenatore della Real Calepina (stagione 2021-2022, ndr), che fino all’anno prima era stata l’ultima squadra in cui ho giocato, per poi quest’anno arrivare a rivestire il ruolo di primo allenatore”.
A quali allenatori si ispira?
“Ce ne sono tanti di allenatori bravi: è chiaro che il nome di De Zerbi adesso è il più quotato: quando vedi le sue squadre giocare noti proprio l’impronta dell’allenatore”.
Qualche mese fa proprio Roberto De Zerbi fece clamore dicendo che ‘in Italia ci sono 60 milioni di allenatori’. Pensa anche lei che in Italia la discussione sia troppo incentrata sugli allenatori?
“Parlare a posteriori è sempre molto più facile: per un allenatore che il vive il presente, vive la quotidianità con i giocatori, vede, ascolta…. tutte queste cose le persone che sono nel mondo del calcio non le sanno. Quindi siamo tutti allenatori dalla tv o dagli spalti, poi bisogna viverle le situazioni”.
Anche la Nazionale sta cercando di ripartire, con un ricambio generazionale che però sta andando a rilento. Se dovesse fare un nome, quale sarà il difensore, magari ancora poco conosciuto e sotto traccia, che potrà diventare un pilastro della Nazionale?
“Difensori bravi ed affermati ne abbiamo: penso a Bastoni, che è già un top, poi Scalvini è molto bravo… i giocatori ci sono. Anche qui, si è molto bravi a criticare Mancini, ma poi bisogna ampliare la veduta ed avere pazienza, perché non si può vincere subito: la Spagna, all’ultimo Mondiale, non ha fatto bene, e pure adesso si parla di una Spagna che sarà dominante nei prossimi anni… probabilmente sarà così, però, per arrivare a quello che dicono ora, sono passati da un fallimento come l’eliminazione dal Mondiale.
Il problema è che al giovane, in Italia, non si dà tempo: gli si concedono due partite senza possibilità di errori, cosa che non avviene invece per i ‘vecchi’… all’estero, un diciottenne gioca anche se sbaglia cinque o sei partite di fila, mentre qua non si aspetta un momento per mettergli un 4 in pagella, per criticare la società per l’acquisto… bisognerebbe parlare meno ed avere più fiducia nella gente che lavora”.